La Riforma Lavoro e semplificazione, la Delega in materia di ammortizzatori sociali, in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive e la delega in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali
Obiettivi, prospettive, criticità, quelli che pesano sul tavolo della prossima Riforma Lavoro Renzi, che abbiamo messo in riga, cercando di condensarne significati ed interrelazioni, nella nostra esclusiva intervista all’On. Giorgio Santini, vicentino, eletto nelle fila del PD e già Segretario generale aggiunto della Cisl.
Il punto di Giorgio Santini del Pd sulla Riforma Lavoro Renzi 2015
Senatore Santini, ad ogni riforma lavoro, come Lei ben sa, si ripropone l’eterno dibattito tra chi sostiene che maggiore flessibilità equivalga a maggiore occupazione e chi, invece, che preconizza una nuova, dolorosa contrazione dei diritti dei lavoratori. On. Santini come valuta, nel complesso, le novità contenute nel Jobs Act?
“Si tratta di un complesso di interventi di assoluto spessore riformista, che tocca ambiti strategici per il futuro prossimo e non solo del Paese: pubblica amministrazione, istruzione, scuola, giustizia, fiscalità. Ovviamente la crisi economica che ci attanaglia non si contrasta né supera esclusivamente attraverso misure di tipo emergenziale e congiunturale. Serve, bensì, una programmazione strutturale capace di rilanciare, nel nostro mercato, la capacità di fare impresa, di creare posti di lavoro, di redistribuire la ricchezza sulla base dei principi di giustizia sociale e solidarietà. Legge delega ed emendamenti, in questo senso, vogliono disegnare un meccanismo più flessibile, anche dal punto di vista del diritto del lavoro, un sistema più moderno ed efficiente. La strada indicata dai Governi precedenti, rispetto al lavoro a tempo indeterminato soprattutto, non ha dato i frutti sperati, a dispetto delle ingenti cifre messe a bilancio. Con il Jobs Act si decide di agire sui due fattori basilari che hanno contribuito ad innescare la “fuga” dal contratto a tempo indeterminato: l’atteggiamento di molte imprese che, data l’incertezza economica, hanno ritenuto poco o per nulla conveniente utilizzare i contratti a tempo indeterminato preferendo, pertanto, forme decisamente precarizzanti (pensiamo al fenomeno, diffusissimo, delle false partite Iva o all’abuso dei contratti a progetto) e l’offerta di contratti molto eterogenei, anche dal punto di vista della risoluzione. Ovviamente c’e’ ancora molto da fare, specie per quanto riguarda l’elaborazione di decreti attuativi coerenti con le linee guida della legge delega.”
Parliamo di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, il passaggio certamente più “coraggioso” ma anche il più controverso del cosiddetto Jobs Act – Riforma Lavro. Come si colloca questa novità rispetto alla ormai nota questione della revisione dell’art. 18? Che senso ha “toccare” questo aspetto dello Statuto dei Lavoratori? Sfidare quel “Noli me tangere” opposto da minoranza Pd e Sindacati?
“La Riforma Lavoro Jobs Act prevede principi innovativi destinati a fornire risposte concrete alla situazione critica del mercato del lavoro. Non è, quindi, una riforma dedicata prettamente alla modifica dell’art.18, come appare dal dibattito generale, ormai ingessato sulla questione. I dati degli ultimi anni certificano che il contratto a tempo indeterminato viene utilizzato con percentuali molto basse (15%), mentre il rimanente 85% delle assunzioni avviene con contratti temporanei. Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti non elimina le tutele in caso di licenziamento ingiustificato, ma le ridefinisce in maniera più flessibile integrando (attraverso alcune modifiche dell’attuale normativa L.92/2012) la tutela individuale del posto di lavoro con una maggiore tutela e un potenziamento degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione. Con un occhio di riguardo soprattutto per i giovani. Lo Jobs Act prevede, infatti, che il contratto a tempo indeterminato divenga la forma privilegiata di rapporto di lavoro e debba essere reso più conveniente rispetto a oneri diretti ed indiretti e alle altre tipologie di rapporti temporanei. Se perdiamo di vista questo quadro di riferimento e ci fossilizziamo sull’art.18 commettiamo una grave ingenuità. Ai detrattori, ricordo che i contenuti della delega-lavoro sono in linea con le migliori esperienze riformistiche dei paesi europei più avanzati. L’art.18, resta inteso, non va preso alla leggera, ma esso non può impedire l’approvazione della delega-lavoro senza cui il mercato del lavoro rimarrebbe bloccato allo status quo, lasciando al soprattutto giovani e lavoratori over-50. Chi osteggia questa riforma adducendo motivazioni “di sinistra” dice no ad una riforma che vuole facilitare le assunzioni con contratti di lavoro più stabili e duraturi. Non ha senso parlare di libertà di licenziare. Nella sostanza in caso di licenziamento senza giusta causa, i lavoratori continueranno a poter ricorrere al giudice e sarà previsto il reintegro nei casi di licenziamento discriminatorio e nei licenziamenti disciplinari secondo specifiche fattispecie che saranno definite dallo stesso Decreto Legislativo.”
Riforma Lavoro e Legge di Legge di Stabilità
Veniamo al binomio Riforma Lavoro-Legge di Stabilità. Qui la domanda che tutti si fanno è: riuscirà il Governo a recuperare le risorse necessarie a rendere operativa la Jobs Act? Le coperture attualmente previste basteranno a sostenere una programmazione così vasta e capillare?
“A tal proposito ricordo che nella Legge di stabilità 2015 sono contenute misure e risorse che danno immediata applicazione a quanto contenuto nel Jobs Act – Riforma Lavoro. In particolare si prevede:
- un forte incentivo per il 2015 per le nuove assunzioni con il nuovo contratto a tempo indeterminato attraverso la totale de-contribuzione per tre anni per un valore annuo di 1,9 mld euro;
- la cancellazione della tassazione Irap riferita al lavoro, impegnando risorse per 2,7 mld euro;
- lo stanziamento 1,7 mld di euro per sostenere la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare per rendere universale l’Aspi e aumentarne la durata.
- la conferma definitiva degli 80 euro al mese per 11 milioni di lavoratori dipendenti con un reddito annuo fino a 26.000 euro con l’intento di sostenere i consumi e la domanda interna per far ripartire l’economia. Si tratta della misura cardine della legge di stabilità per un valore annuo di 9,5 mld di euro;
- la decisione di assumere in ruolo dal settembre 2015 150.000 insegnanti, impegnando 1,2 mld di euro.
Tutti questi interventi intendono collegare saldamente gli obiettivi del Jobs Act con le misure e gli stanziamenti della legge di stabilità, che in questo senso assume una impostazione chiaramente a favore del lavoro e della coesione sociale.”
A preoccupare non sono solo i dati sulla disoccupazione, ma anche quelli sul salario, specie dei più giovani, che tra false partite IVA e contratti fuori dai percorsi nazionali sono spesso alla mercé dei datori di lavoro, con uno stipendio medio pro-capite stimabile attorno agli 800€ mensili e prospetive pensionistiche spesso completamente azzerate. Senza citare, poi, il lavoro nero vero e proprio. Che risposte dà alla Jobs Act di Renzi?
“Anzitutto vanno assolutamente superate le Associazioni in partecipazione e le false partite Iva che a lungo hanno “inquinato” il mercato del lavoro giovanile. E non solo: vanno maggiormente considerate sotto il profilo dell’alleggerimento fiscale le partite Iva autentiche risultanti da percorsi professionali liberamente scelti. Il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti potrà essere utilizzato fin dal prossimo mese per le nuove assunzioni che godranno anche la decontribuzione per i primi tre anni. Per ora è indispensabile insistere sul superamento dei contratti maggiormente precari e delle forme spurie come il lavoro intermittente, il lavoro a chiamata e il lavoro accessorio. Ancora, dobbiamo lasciarci alle spalle l’attuale contratto a progetto che, troppo spesso, diventa pretesto per semplice aggiramento del contratto di lavoro dipendente e delle relative tutele. In larghissima parte i contratti a progetto potranno essere trasformati ora nel nuovo contratto a tempo indeterminato a tutela crescenti. Bisognerà, poi, rivitalizzare strumenti come tirocini e stages, che molto spesso si risolvono in periodi ripetuti di lavoro senza prospettiva di inserimento, privi di un reale arricchimento professionale. Ciò sarà possibile, in parte, ricomprendendo tirocini e stages all’interno dei percorsi scolastici, come previsto (non a caso) dal progetto la Buona Scuola, in cui si calcolano ben 200 ore di alternanza scuola-lavoro negli ultimi anni del ciclo scolastico. Con una forte semplificazione delle forme contrattuali e con la cancellazione di quelle maggiormente precarie, quindi, il mercato del lavoro potrà progressivamente consolidarsi sul piano della stabilità dei rapporti di lavoro e sulla qualità e valorizzazione della professionalità dei giovani lavoratori. Fatto, che spero, ci aiuterà ad arginare la tristemente nota fuga dei cervelli per necessità e non per scelta.”