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L’Europa risponde al popolo degli stagisti

29 Luglio 2010
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08/09/2024

Importante novità dal Parlamento Europeo in materia di stage e tirocini: la "Relazione sulla promozione dell'accesso dei giovani al mercato del lavoro, rafforzamento dello statuto dei tirocinanti e degli apprendisti”, datata 14 giugno 2010, è stata trasformata in risoluzione il 6 luglio scorso.



Il documento, redatto dalla più giovane euro-parlamentare, la danese Emilie Turunen, 26enne vicepresidente del Gruppo Verde/Alleanza Libera Europea, espone in 73 punti le premesse, gli inviti, le esortazioni e gli auspici sulla necessità di migliorare lo strumento formativo e professionalizzante dello stage a livello comunitario, nonché in ciascuno degli Stati membri. Tutto ciò in un’ottica di più ampio raggio che ricomprende altre macro-necessità come la creazione di migliore e maggiore occupazione, la piena attuazione della Direttiva 2000/78/CE sull’uguaglianza in materia di occupazione, la lotta alla povertà, le misure atte a garantire l’inclusione sociale, la competitività dell’Europa unita nel Mondo.

Le premesse – Il documento tiene conto dello stato complessivo della disoccupazione in Europa e dell’attuale congiuntura economica della crisi, che ha causato un enorme aumento dei tassi di disoccupazione negli Stati membri dell’UE colpendo in modo sproporzionato soprattutto i giovani : infatti il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in modo più marcato rispetto al tasso di disoccupazione medio e, a dicembre 2009, nell’Unione europea i giovani disoccupati al di sotto dei 25 anni erano più di 5,5 milioni, ossia il 21,4% del totale della popolazione giovane, con il conseguente paradosso per cui essi, pur rappresentando la colonna portante dei sistemi previdenziali (dato l’invecchiamento della popolazione) rimangono allo stesso tempo ai margini dell’economia. Risultati pressoché ricalcati anche in Italia.
La funzione economica delle giovani generazioni è ineludibile : esse dovranno ridurre l’enorme debito pubblico prodotto dall’attuale generazione.

L’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro avviene generalmente e principalmente attraverso forme di occupazione atipiche, altamente flessibili, non stabili e precarie (tempo parziale marginale, impiego temporaneo o a tempo determinato, ecc.), e tali prassi, essendo accompagnate da basse probabilità di una loro conversione in lavoro stabile, hanno mutato la percezione del futuro, le aspirazioni e la progettualità di milioni di giovani cittadini europei.

Del resto, i datori di lavoro sembrano utilizzare con maggior frequenza l’apprendistato e il tirocinio per sostituire l’impiego regolare, sfruttando in tal modo gli ostacoli che i giovani affrontano per entrare nel mercato del lavoro. In Italia, ad esempio, si è affermato il trend dell’accolta massiccia di tirocinanti e stagisti (per le imprese private, l’ultimo Rapporto Excelsior-Unioncamere riporta un incremento del 19,3% nel 2008, sulle circa 256000 unità registrate per il 2007), a fronte di una caduta a picco delle nuove assunzioni.

Infine, i parametri della strategia di Lisbona relativi ai giovani e alla modernizzazione della formazione professionale (VET) di cui si esplicita il mancato pieno rispetto e si fa riferimento alla dottrina della flexicurity (flexibility + security), che ha costituito la strategia globale auspicata a livello comunitario per gestire i mercati del lavoro dell’Unione europea, consistendo nel tentativo di coniugare flessibilità contrattuale, apprendimento permanente e strumenti di previdenza sociale: sfortunatamente, si legge, “in molti paesi questa strategia è stata interpretata in modo riduttivo come “flessibilità”, perdendo di vista l’approccio olistico nonché la sicurezza dell’occupazione quanto la previdenza sociale”.
In tal modo, la mancanza di una minima sicurezza reddituale preventivamente garantita nelle vicende possibili del lavoro flessibile odierno (alternanza di impiego e disoccupazione, di impiego e formazione) ha determinato l’innesco della trappola del precariato lavorativo e quindi sociale.

Le proposte – Il documento comprende una proposizione ad ampio spettro dei processi da incentivare affinché migliorino le prospettive occupazionali dello Spazio Economico Europeo: dallo sviluppo di partenariati più efficienti ed efficaci tra scuole, università, imprese e parti sociali, alla formazione imprenditoriale per favorire la creazione d’impresa e l’innovazione, dallo sviluppo della domanda di microcredito alla richiesta di espansione della capacità finanziaria del Fondo sociale europeo, di cui si auspica che almeno il 10% sia convogliato in progetti destinati ai giovani.

Un approccio ai giovani e all’occupazione basato sui diritti e che non comprometta l’aspetto qualitativo del lavoro dignitoso per i giovani (punto 1) è quello che, come esplicitato al punto 11, porti gli “ Stati membri a elaborare politiche del mercato del lavoro inclusive e mirate, che garantiscano ai giovani un inserimento rispettoso e un’occupazione significativa, per esempio creando reti d’ispirazione, accordi in materia di tirocini accompagnati da aiuti di carattere economico affinché il tirocinante possa spostarsi e vivere vicino al luogo in cui si svolge il tirocinio”; oltre agli aiuti economici per gli stagisti, la cui importanza verrà ripresa anche in altri punti ove si focalizza sull’ “importanza dell’indipendenza finanziaria dei giovani” (punto 63), è necessario che si rendano disponibili opportuni punti di riferimento (la risoluzione parla di “centri di orientamento professionale internazionale” e “centri giovanili”) che possano orientare i giovani, informandoli sugli aspetti sindacali e giuridici legati all’espletamento del tirocinio.

Al punto 21, il documento auspica una novità, ovvero chiede alla Commissione e al Consiglio, a seguito dell’impegno espresso nella Comunicazione COM(2007)0498 di metter mano ad una Carta europea della qualità dei tirocini, che garantisca norme minime da rispettare affinché si fruisca del valore educativo evitando situazioni di sfruttamento, fermo restando che i tirocini sono strumenti di formazione e non devono sostituire dei veri impieghi; tali norme minime devono riguardare:

-* La descrizione delle funzioni esercitate e delle qualificazioni acquisite dal tirocinante

-* Il limite di durata del periodo di tirocinio

-* L’indennità minima calcolata riferendosi al costo della vita del luogo dove si svolge il tirocinio

-* L’assicurazione nell’ambito lavorativo in questione, nonché le prestazioni di previdenza sociale a cui il tirocinante ha accesso

Al punto successivo, poi, la risoluzione chiede alla Commissione di fornire dati statistici sui tirocini in ogni Stato membro, che includano: il numero dei tirocini effettuati, la loro durata, le prestazioni sociali a favore dei tirocinanti, le indennità pagate, le fasce di età dei tirocinanti; si propone poi di procedere ad uno studio comparativo dei vari programmi di tirocinio esistenti negli Stati membri dell’Unione europea, rimettendo a ciascun Stato membro il compito di verificare l’applicazione di tali misure.

Un’altra misura importante è esposta al punto 24, ove si invita all’istituzione di un sistema di certificazione e di riconoscimento europeo delle conoscenze e delle competenze acquisite attraverso apprendistati e tirocini, così da favorire la mobilità dei giovani e una valenza estesa delle esperienze professionali ovunque svolte in Europa.

Gli Stati membri dovrebbero garantire pieni diritti previdenziali ai giovani tirocinanti, praticanti o apprendisti, prevedendo se opportuno anche il finanziamento di parte dei loro contributi previdenziali (punto 29), e comunque dovrebbero assicurare la tutela dei giovani nei confronti di quei datori di lavoro i quali, nel settore pubblico come in quello privato, “soddisfano i propri fabbisogni immediati e basilari a basso costo o a costo zero, sfruttando la volontà dei giovani di apprendere, senza fornire loro alcuna prospettiva di futuro inserimento nell’organico” (punto 25), dando una sferzata alle imprese approfittatrici; la necessità di costruire il collegamento tra i programmi di inserimento professionale (apprendistato, tirocinio, praticantato) e il sistema di previdenza nazionale di ciascuno degli Stati membri è ribadita anche al punto 30.

Nei punti dedicati alle ”strategie e strumenti di governance” non manca l’autocritica quando, al punto 66, nel documento si “accoglie con favore i progressi compiuti per la definizione della strategia UE 2020 ma (si) lamenta l’assenza di una valutazione pubblica e trasparente della strategia di Lisbona e in particolare del Patto europeo per la gioventù, inclusi i parametri per i giovani; (si) lamenta altresì che le parti sociali, la società civile e le organizzazioni giovanili non siano state sufficientemente consultate durante il processo di elaborazione della strategia UE 2020” , mentre (punto 72) si invitano le Istituzioni Europee a promuovere il “buon esempio”, eliminando dai loro siti web la pubblicità di apprendistati e tirocini non retribuiti e dunque a selezionarli almeno tenendo conto della possibilità di indennità minima (rapportata al costo della vita del luogo in cui si tiene il tirocinio o l’apprendistato) e le prestazioni di previdenza sociale (punto 73).

In ultimo è da segnalare (punto 65) che la risoluzione indica a 4 mesi l’ammontare del periodo massimo di disoccupazione, oltre i quali non dovrebbe darsi che a un giovane cittadino dell’UE non si mettano a disposizione adeguate misure (apprendistato, formazione aggiuntiva ecc) che garantiscano l’esercizio del diritto al lavoro.

Raffaele La Gala

© Riproduzione Riservata
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